MONASTERO DI SAN GIACOMO IN PONTIDA

 

PIAZZA DEL GIURAMENTO

MANUTENZIONE DELLA PAVIMENTAZIONE

 

RELAZIONE

1.      Inquadramento storico-artistico

         Il monastero di Pontida, dedicato a San Giacomo, è uno dei molti monasteri sorti in Lombardia nella seconda metà del secolo XI, in un momento storico particolarmente drammatico, ed è l'unico di quel periodo in cui si viva tuttora vita monastica.

         La fondazione del monastero risale al 1076 con la donazione al Monastero di Cluny di tutti i possedimenti posti fra l'Adda e il Brembo nella valle di Pontida della nobile famiglia longobarda di Ariprando, per volontà del figlio, Alberto da Prezzate, che abbracciò la regola San Benedetto, che efficacemente si contrapponeva alla generale decadenza dei costumi ecclesiastici. Tra questi beni c'era anche una piccola chiesa dedicata a San Giacomo accanto alla quale i monaci cluniacensi dovevano far sorgere un monastero e un ospizio per i pellegrini che dovevano transitare per la Val San Martino per recarsi a Milano o a Como.

         Nel 1089, dopo il noviziato a Cluny, Sant'Alberto torna a Pontida e viene nominato Priore della comunità religiosa sorta in quegli anni.

E' un momento di grande attività testimoniato dall'impresa edilizia per la costruzione della nuova chiesa romanica che fu consacrata il 6 aprile 1095.

         Del periodo che va dalla morte di Sant'Alberto (2 settembre 1095) fino al 1300 si hanno poche notizie; i monasteri venivano affidati in Commenda a prelati esterni che ne gestivano l'amministrazione talvolta a beneficio delle stesse comunità, talvolta abusandonde dissipando a proprio vantaggio le rendite dei monasteri loro affidati impoverendo ulteriormente le comunità.

         Negli anni 1294 - 1310 il Cardinal Guglielmo de Longis fece ricostruire dalle fondamenta la nuova chiesa in stile gotico lombardo, su progetto del Maestro Giovanni da Menaggio.

Il nuovo edificio sorge sulle rovine dell'antico monumento romanico del quale rimangono alcuni elementi architettonici (capitelli con aquile angolari e protone umana) rinvenuti durante i lavori di sistemazione della scalinata d'accesso alla basilica eseguiti in epoche successive.

         Nel settembre 1373 Bernabò Visconti assedia il Monastero e decreta la distruzione della chiesa e del cenobio.

Gli edifici subirono gravi danni, ma fortunatamente non l'abbattimento totale: della chiesa furono distrutte la facciate, l'abside e il campanile, fu spogliata di reliquie e suppellettili trasferite nella cappella del castello visconteo di Pavia.

La chiesa venne riparata subito dopo nella facciata e nell'abside, con soppressione di alcune campate di cui in origine si prolungava, le cui fondamenta sono state riportate in luce durante i lavori di sistemazione della piazza del 1966; competenti in materia non dubitano di affermare che l'arretramento fu determinato anche dal fatto che la facciata e i primi pilastri, già molto rovinati dall'incendio, impedivano troppo la visibilità dell'Abbazia.

         Interventi concreti vennero eseguiti dopo il 1400, con l'intervento del Doge di Venezia che ordina al Podestà di Bergamo di sequestrare le rendite del Monastero per destinarle alla riparazione della chiesa e alle opere convenienti al culto.

Ovviamente si trattava di interventi di ripiego con i quali si tentava il recupero del monastero adottando la soluzione più agevole e meno costosa, risale a quest'epoca la costruzione di un muro in mattoni a vista come facciata provvisoria.

         Nel 1910 i monaci benedettini ripresero possesso del monastero; da allora sono stati intrapresi numerosi interventi che hanno progressivamente restaurato e riscattato varie parti del complesso e della chiesa, elevata il 5 aprile 1911 con bolla papale di S.Pio X “alla dignità di Basilica minore”.

Tra i più significativi il rinnovamento interno del 1914, su progetto dell'arch. Elia Fornoni, con restauro del coro e ricostruzione delle volte nella zona absidale in forme gotiche, che hanno consentito di sopprimere il contrasto fra i vari stili architettonici aggiuntisi con i precedenti rimaneggiamenti.

 

2.      Descrizione architettonica

         La piazza attuale è circondata da edifici monumentali di diverse epoche con notevoli caratteristiche architettoniche di pregio.

         Sicuramente predominante la presenza della Basilica con facciata di gusto neoclassico, eseguita nel 1830-32 su progetto dell'architetto Giuseppe Bovara di Lecco, con l’aggiunta del pronao che, pur essendo in grande contrasto con l'interno della chiesa, ha il pregio di armonizzare con l'insieme degli edifici che circondano la piazza alla quale danno un caratteristico sobrio stile composito.

         Lo scalone attuale è stato realizzato nel 2000 sostiuisce la scalea del 1664 (datazione risultata dagli studi compiuti dall'ing. Fornoni) realizzata secondo una soluzione obbligata e voluta per superare il terrapieno antistante gli ingressi alla chiesa e al monastero.

Nel corso dell’intervento di restauro e riqualificazione lo scalone in asse all’ingresso è stato ricostruito con riproduzione fedele degli elementi originari con impiego della pietra arenaria di Sarnico in sostituzione della pietra arenaria di Mapello non più disponibile sul mercato, mentre la scala laterale detta "scala delle donne" adiacente la Cappella di Santa Croce è stata eliminata.

         La piazza è stata eseguita nel 1966 su progetto dell'arch. Delino Canzoni; tutta l’area è pavimentata con alcune piattaforme sopralzate realizzate per consentire il disimpegno dei fabbricati prospettanti sulla piazza.

L’uso degli spazi è ben definito: la piazza propriamente detta è esclusivamente pedonale, delimitata da paracarri e catene mentre la propaggine che si estende fino alla Strada Provinciale è carrabile con presenza di parcheggi.

 

3.      Descrizione materica e stato di conservazione                                                                   

         La pavimentazione della piazza è disegnata a campi rettangolari con fasce di Serizzo Antigorio e interno in lastre squadrate di Porfido del Trentino di dimensioni varie posate a correre.

         Il degrado si evidenzia in forma localizzata, come meglio illustrato nella documentazione, causato sia del transito di mezzi pesanti in occasione di lavori edilizi sia per effetto di infiltrazioni e di dissesto legati al ciclo di gelo.

 

         Si descrivono i fenomeni riscontrati in sede di indagine, riportati anche nella tavola della “patologia del degrado”.

 

Lastre di Serizzo: gli elementi risultano particolarmente danneggiati anche per l'azione abrasiva e corrosiva degli agenti atmosferici.

Si rilevano:

-       esfoliazione con disgregazione e polverizzazione delle superfici,

-       fessurazioni e rotture nei punti di maggiore passaggio e/o per cedimento dei sottofondi,

-       sgretolamento delle sigillature con dissesto dei piani,

-       formazione di muschi,

-       macchie, depositi scuri e sporcizia generalizzata,

 

Lastre di Porfido: il materiale è sicuramente più idoneo per la pavimentazione esterna, presenta danneggiamenti dovuti anche ad interventi di manutenzione impropriamente eseguiti.

Si rilevano:

-       rotture nei punti di maggiore passaggio e/o per cedimento dei sottofondi,

-       sgretolamento delle sigillature con dissesto dei piani,

-       rappezzi con malta cementizia colorata,

-       sigillature delle parti smosse eseguite con cemento colorato

-       integrazione di lastre con tonalità diversa,

-       planarità compromessa da interventi di manutenzione non correttamente eseguiti.

 

 

4.      Descrizione del progetto e metodologia d'intervento

         Il progetto, in funzione di quanto sopra descritto, prevede un intervento di manutenzione, puntuale e circoscritto alle porzioni del piazzale che presentano condizioni di degrado più gravi.

         Si ipotizza di intervenire come di seguito descritto.

Fase 1 – Rimozioni e pulizie

-       rimozione delle integrazioni e delle sigillature in malta cementizia colorata,

-       rimozione con recupero delle lastre smosse o in fase di distacco,

-       pulizia generalizzata con acqua nebulizzata a bassa pressione,

Fase 2 – Consolidamento dei piani di fondo

-       rimozione delle malte di sottofondo sgretolate ed incongruenti,

-       realizzazione di nuovo massetto in malta bastarda, con verifica delle livellette,

Fase 3 – Ricollocazione dei manufatti

-       posa in opera di elementi di recupero secondo gli schemi compositivi esistenti,

-       integrazione delle parti mancanti con pezzi nuovi di materiale, tonalità e dimensioni conformi a quanto esistente,

-       ancoraggio delle porzioni in fase di distacco al supporto con malta bastarda eventualmente caricata con resina acrilica,

-       stuccatura delle fessurazioni con malta di calce additivata con resina acrilica,

-       verifica generale dei giunti con le occorrenti integrazioni da eseguire con resina acrilica,

 

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Bergamo, Aprile 2004                                    Architetto Leonardo Angelini